LO SFORZO (NECESSARIO) DI CONOSCERE SE STESSI
La domanda “chi sono io?” ci segue da quando acquistiamo l’uso di ragione fino al termine della vita, poiché riguarda l'esperienza più profonda di noi stessi. Di conseguenza, essa diventa anche una domanda che chiama in causa responsabilità educative, in quanto interessa il cammino di formazione, di “costruzione” della nostra personalità.
Identità è ciò che caratterizza ognuno di noi nel profondo, come persone uniche e inconfondibili. E’ assai più delle semplici caratteristiche anagrafiche o fisiche che troviamo registrate sulla personale “carta di identità”. L'identità profonda ha a che fare soprattutto con lo sviluppo della nostra personalità (identità psicologica), quindi con i nostri valori, gli atteggiamenti, i sentimenti più autentici. E ha a che fare poi con le relazioni (identità sociale) che noi creiamo in continuazione e dentro le quali la nostra esistenza può trovare valore e senso.
In fin dei conti, per rispondere alla domanda “chi sono io?” siamo invitati a considerare consapevolmente attorno a quali realtà andiamo costruendo, anche con l’aiuto degli educatori, la nostra persona.
Se stiamo alle proposte diffuse oggi dai mass media, molti sono spinti a costruire se stessi attorno all'apparire. In tale prospettiva conta soprattutto ciò che gli altri percepiscono di noi, come sembriamo agli occhi degli altri. Questo dipendere dagli occhi altrui conduce per lo più a forme superficiali di comportamento, a privilegiare l’aspetto esteriore di noi stessi, o anche a identificarci con i ruoli che dall'esterno ci vengono assegnati o proposti come più allettanti e di maggior prestigio. Bisogno che può generare la tendenza ad affidare il nostro valore a vestiti, ruoli, oggetti, titoli... cose che però non portano ad una vera sana autostima. Altri trovano il senso della loro vita nei valori economici, nel denaro, per cui l’avere diventa il perno attorno al quale si forma la loro personalità e che condiziona anche le modalità di relazione. Il desiderio di avere sempre più diventa a volte volontà di possedere (cose e persone), volontà di dominio e di sfruttamento, che può portare anche a conflitti dolorosi.
La costruzione di una identità matura, “adulta”, responsabile dovrebbe ruotare sempre più attorno all’essere, ossia a quelle dimensioni interiori, a quei valori che hanno carattere di stabilità e autenticità, che sentiamo capaci di dare senso e orientamento sicuro. Costruire noi stessi sull’essere vuol dire costruire non su finzioni o parti da recitare, ma su atteggiamenti attraverso i quali ci sentiamo autentici e realizzati. La nostra vera identità ci permette allora una “vita buona”, e una sicurezza interiore tale da impedirci fughe nelle illusioni o anche quell'inquietudine che nasce dal non essere mai soddisfatti di noi stessi.
Per costruire un'identità chiara e positiva c'è bisogno di essere aiutati a “conoscere se stessi”: un cammino graduale, ma necessario, che rende capaci di guardare dentro di noi, capaci di giudizio sulle nostre scelte e, se necessario, anche di riorientarci nella vita. Abbiamo bisogno di sentire dentro di noi che cosa sia giusto per la nostra persona e per le nostre relazioni.
Questa capacità di guardare dentro di noi, infatti, ci aiuta anche a conoscere e a rispettare l'identità degli altri.
Anche nelle relazioni corriamo spesso il rischio di fermarci solo all'esteriorità. Allora giudichiamo in base alla superficie, ma non sappiamo riconoscere noi stessi e l'altro nella sua vera identità. L’accesso al cuore delle persone, sia della nostra come dell'altrui, è possibile solo quando ci liberiamo da pregiudizi legati al ruolo e dalle proiezioni dei nostri desideri o aspettative. In questa direzione anche la relazione con la “trascendenza”, ossia il rapporto religioso con Colui che dà fondamento e speranza alla nostra esistenza d'ogni giorno, ha grande importanza per definire la nostra identità.
L'accompagnamento “educativo” può offrire un prezioso aiuto nel costruire un'identità positiva quando contribuisce a maturare una corretta autostima, a discernere e valutare i propri atteggiamenti e a costruire relazioni autentiche, mai strumentalizzanti o di sfruttamento.
(Le parole dell'educazione)
Gianni Francesconi